Orizzonte. Salvatore Settis.
«L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? Serve per continuare a camminare».
È una frase di Eduardo Galeano. La leggo e mi vengono in mente tre tipi di orizzonte: nello spazio, nel tempo, nei desideri.
Nello spazio. L’ambiente in cui viviamo, le città e le campagne, le montagne, le spiagge, i boschi, i campi coltivati. Nel corso della mia vita questo orizzonte è cambiato molto. Si era formato nei secoli, sotto il segno della bellezza, dell’armonia, del gusto di vivere, dell’agricoltura di qualità. Valori che erano scontati una volta. In un equilibrio miracoloso fra natura e cultura, in un’Italia che era il giardino d’Europa. Negli ultimi decenni abbiamo visto questo orizzonte devastato, da periferie informi che cancellano il trapasso da città a campagna, da una cementificazione spietata, quello che Andrea Zanzotto ha chiamato “lo sterminio dei campi”.
C’è poi l’orizzonte nel tempo. Non nel senso di guardarsi indietro, come capita alla mia età. Anzi, nel senso di guardare avanti, alle generazioni future. I problemi dell’ambiente, anzi della società, dipendono dallo sguardo corto di chi crede solo nel proprio profitto immediato, senza porsi come obiettivo il bene comune. Io non posso essere tra questi. Anzi, più studio il passato, più mi convinco che bene comune vuol dire investire sul futuro, preoccuparsi della nostra comunità di cittadini, a cominciare dai giovani. Vuol dire puntare sulle generazioni future: devono ricevere da noi quanto noi abbiamo ricevuto dai nostri padri. Vuol dire ragionare in termini di utilità sociale, che è poi l’idea guida della Costituzione nata dalla Resistenza.
E c’è infine l’orizzonte dei desideri. Come me, milioni di cittadini desiderano un futuro migliore, per se stessi, per i figli, per i figli dei figli dei figli. Gli Italiani vogliono campagne ben coltivate, città bene ordinate, un ambiente sano, un paesaggio improntato all’armonia e alla bellezza. Io penso che sapremo ritrovare un senso potente e diffuso di bene comune, cioè del capitale naturale e sociale che stiamo sperperando. Questo orizzonte di desideri può sembrare lontano, ma non è un’utopia. Corrisponde a un progetto per l’Italia e questo progetto c’è già, è la Costituzione, nella quale la tutela del paesaggio e dell’arte si legano ad altri valori: libertà, uguaglianza, diritto al lavoro (art. 4), diritto alla salute.
Ricordo, quando ero al ginnasio, un discorso di Piero Calamandrei ai giovani: «La Costituzione è come l’incompiuta di Schubert – disse – è un programma concreto: noi dobbiamo portarlo a termine». Questo è l’orizzonte verso cui camminare: l’orizzonte della legalità, della democrazia. Perché la Costituzione siamo noi, i cittadini. Spetta a noi lottare perché non sia un’utopia, ma diventi una concreta agenda della politica.
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