San Sperate, ripartire da un sindaco
Da L'Unione Sarda
Si riparte dal 2011. Dalla sera del 22 dicembre, quando San Sperate rimase improvvisamente senza governo. Erano le 22 di sera e dodici consiglieri comunali, sui sedici presenti in aula, salutarono il sindaco lasciandolo al suo destino. Non era stata una manciata di ribelli a far cadere l'Assemblea civica e dunque l'esecutivo. Dopo il gruppo del Pd, anche i fedelissimi di Antonio Paulis (Fabrizio Madeddu, Giulia Mameli, Giulietta Pilia e Francesco Garau) decisero di votargli la sfiducia. E con loro, l'intera opposizione che già tempo aveva chiesto al sindaco di rinunciare al mandato. Mancanza di dialogo, divergenze nette sulla gestione del personale, scontri sul Puc e sulle varianti. Tutti a casa. Da lì si riparte. Dalla crisi.
È una situazione che ricorda il 1994. Almeno per il numero delle liste in campo: ben cinque per un centro che non arriva agli ottomila abitanti. Cinque candidati, oggi come allora, che si presentano alle urne dopo un breve periodo di commissariamento.
Enrico Collu , 49 anni, topografo, che a Paulis lo tallonava dai banchi della minoranza, adesso tenta la scalata a capo della lista “Civica San Sperate”. «Riferimenti partitici? Nessuno. In lista forse c'è qualche candidato che ha riferimenti partitici, ma i partiti restano fuori dal nostro schieramento», taglia corto. «Siamo un raggruppamento storico, il riferimento era, per intenderci, l'ex giunta Mattana. E siamo convinti che dopo quattro anni San Sperate abbia urgente necessità di un governo, perché per altrettanti anni noi abbiamo contestato a Paulis e compagni di non aver amministrato e di essere andati avanti senza un progetto unitario ma solo a suon di litigi. Quabndo hanno realizzato qualcosa, vedi il centro polivalente, poi non sono stati in grado di farlo funzionare. E gli esempio fioccano. Come l'urbanistica, l'agricoltura e la cultura».
Sono proprio urbanistica e agricoltura i leit motiv di questa campagna elettorale a cinque. «Abbiamo tentato fino alla fine di evitare la crisi, ma poi era davvero impossibile continuare», avverte Stefania Spiga , 32 anni, tessera Pd in tasca, in testa alla lista “San Sperate Bene comune”, collocata nel centrosinistra e formata da Pd, Idv e Sel. «La comunicazione tra sindaco e assessori si era interrotta, così come è mancata per troppo tempo un rapporto trasparente tra la pubblica amministrazione e il paese. Basti pensare che per il Puc non è mai stato fatto un incontro con la popolazione, con le forze sociali. Ecco, questa mancanza di trasparenza noi vogliamo interromperla con le regole, con la valorizzazione delle nostre risorse come i prodotti dei campi e dell'artigianato, delle eccellenze. Convinti che non serve parlarne un paio di giorni all'anno come nel caso delle pesche quando per il resto del tempo, vedi il marchio Deco, ci si dimentica dell'argomento».
Ha 33 anni, una laurea alla Bocconi e dirige il Banco di Sassari ad Assemini, Tomaso Sciola , il capolista di PartecipAttivamente, la civica che «vanta la totale assenza di responsabilità sul passato amministrativo visto che a differenza delle altri liste abbiamo all'interno tutti nomi nuovi, estranei alla politica dei partiti». Sciola però avverte: «Noi non siamo per l'antipolitica, noi facciamo politica, ma solo fuori dai partiti, con le nostre competenze. Con queste ci presentiamo agli elettori, grazie a queste vorremmo amministrare. Dare a San Sperate un piano urbanistico armonico, contribuire a far crescere la nostra agricoltura fermando lo spopolamento delle campagne da parte degli agricoltori veri. Così come serve intervenire nella parte vecchia, nel centro storico che sta perdendo la sua vera identità».
Se dello scultore Pinuccio Sciola, Tomaso è figlio, fratello lo è Antonio Sciola , 72 anni, colonnello in pensione, capolista di “Paese mio”. Poco incline ai rapporti con la stampa, va dritto con un programma elettorale dove la sintesi comanda. Punti fermi, un drastico «via il traffico pesante dalle strade del paese», la nascita di «un'isola pedonale da piazza Santa Croce a via Santa Lucia» e la promozione, per incentivare il turismo, di ricettività con l'albergo diffuso. A sorpresa, Antonio Sciola punta anche sulla Zona Franca. Altra questione, cara al colonnello, l'integrazione dei nuovi cittadini arrivati a San Sperate negli ultimi anni.
È di Antonio Paulis , la lista Buon Vento che compare in coda sul manifesto elettorale. «Ma non siamo certo gli ultimi», sorride il sindaco costretto a lasciare anticipatamente il piano alto del Municipio ma che ha voglia e grinta per tornare al suo posto «e concludere ciò che di importante abbiamo dovuto interrompere non certo per mia colpa. Avevano confuso una persona che sa ridere con chi si fa mangiare la pasta in testa. I miei compagni d'oggi sono persone che non mi diranno mai “adesso è tardi, devo andare” com'era spesso avvenuto negli ultimi anni». Bordate, voglia di sfogarsi. Poi la ragione lascia spazio ala rabbia. «Solo una cosa vorrei dire ai miei concittadini: non crediate ai miracoli, chi ha un pizzico di esperienze con l'amministrazione sa che oggi è difficile andare avanti con i pochi fondi a disposizione e i tanti tagli di Stato. La segretaria comunale, nei giorni scorsi mi ha detto: “Non fate promesse che non potete mantenere”. Promesse di lavorare per il bene comune, questo sì».
Andrea Piras
Si riparte dal 2011. Dalla sera del 22 dicembre, quando San Sperate rimase improvvisamente senza governo. Erano le 22 di sera e dodici consiglieri comunali, sui sedici presenti in aula, salutarono il sindaco lasciandolo al suo destino. Non era stata una manciata di ribelli a far cadere l'Assemblea civica e dunque l'esecutivo. Dopo il gruppo del Pd, anche i fedelissimi di Antonio Paulis (Fabrizio Madeddu, Giulia Mameli, Giulietta Pilia e Francesco Garau) decisero di votargli la sfiducia. E con loro, l'intera opposizione che già tempo aveva chiesto al sindaco di rinunciare al mandato. Mancanza di dialogo, divergenze nette sulla gestione del personale, scontri sul Puc e sulle varianti. Tutti a casa. Da lì si riparte. Dalla crisi.
È una situazione che ricorda il 1994. Almeno per il numero delle liste in campo: ben cinque per un centro che non arriva agli ottomila abitanti. Cinque candidati, oggi come allora, che si presentano alle urne dopo un breve periodo di commissariamento.
Enrico Collu , 49 anni, topografo, che a Paulis lo tallonava dai banchi della minoranza, adesso tenta la scalata a capo della lista “Civica San Sperate”. «Riferimenti partitici? Nessuno. In lista forse c'è qualche candidato che ha riferimenti partitici, ma i partiti restano fuori dal nostro schieramento», taglia corto. «Siamo un raggruppamento storico, il riferimento era, per intenderci, l'ex giunta Mattana. E siamo convinti che dopo quattro anni San Sperate abbia urgente necessità di un governo, perché per altrettanti anni noi abbiamo contestato a Paulis e compagni di non aver amministrato e di essere andati avanti senza un progetto unitario ma solo a suon di litigi. Quabndo hanno realizzato qualcosa, vedi il centro polivalente, poi non sono stati in grado di farlo funzionare. E gli esempio fioccano. Come l'urbanistica, l'agricoltura e la cultura».
Sono proprio urbanistica e agricoltura i leit motiv di questa campagna elettorale a cinque. «Abbiamo tentato fino alla fine di evitare la crisi, ma poi era davvero impossibile continuare», avverte Stefania Spiga , 32 anni, tessera Pd in tasca, in testa alla lista “San Sperate Bene comune”, collocata nel centrosinistra e formata da Pd, Idv e Sel. «La comunicazione tra sindaco e assessori si era interrotta, così come è mancata per troppo tempo un rapporto trasparente tra la pubblica amministrazione e il paese. Basti pensare che per il Puc non è mai stato fatto un incontro con la popolazione, con le forze sociali. Ecco, questa mancanza di trasparenza noi vogliamo interromperla con le regole, con la valorizzazione delle nostre risorse come i prodotti dei campi e dell'artigianato, delle eccellenze. Convinti che non serve parlarne un paio di giorni all'anno come nel caso delle pesche quando per il resto del tempo, vedi il marchio Deco, ci si dimentica dell'argomento».
Ha 33 anni, una laurea alla Bocconi e dirige il Banco di Sassari ad Assemini, Tomaso Sciola , il capolista di PartecipAttivamente, la civica che «vanta la totale assenza di responsabilità sul passato amministrativo visto che a differenza delle altri liste abbiamo all'interno tutti nomi nuovi, estranei alla politica dei partiti». Sciola però avverte: «Noi non siamo per l'antipolitica, noi facciamo politica, ma solo fuori dai partiti, con le nostre competenze. Con queste ci presentiamo agli elettori, grazie a queste vorremmo amministrare. Dare a San Sperate un piano urbanistico armonico, contribuire a far crescere la nostra agricoltura fermando lo spopolamento delle campagne da parte degli agricoltori veri. Così come serve intervenire nella parte vecchia, nel centro storico che sta perdendo la sua vera identità».
Se dello scultore Pinuccio Sciola, Tomaso è figlio, fratello lo è Antonio Sciola , 72 anni, colonnello in pensione, capolista di “Paese mio”. Poco incline ai rapporti con la stampa, va dritto con un programma elettorale dove la sintesi comanda. Punti fermi, un drastico «via il traffico pesante dalle strade del paese», la nascita di «un'isola pedonale da piazza Santa Croce a via Santa Lucia» e la promozione, per incentivare il turismo, di ricettività con l'albergo diffuso. A sorpresa, Antonio Sciola punta anche sulla Zona Franca. Altra questione, cara al colonnello, l'integrazione dei nuovi cittadini arrivati a San Sperate negli ultimi anni.
È di Antonio Paulis , la lista Buon Vento che compare in coda sul manifesto elettorale. «Ma non siamo certo gli ultimi», sorride il sindaco costretto a lasciare anticipatamente il piano alto del Municipio ma che ha voglia e grinta per tornare al suo posto «e concludere ciò che di importante abbiamo dovuto interrompere non certo per mia colpa. Avevano confuso una persona che sa ridere con chi si fa mangiare la pasta in testa. I miei compagni d'oggi sono persone che non mi diranno mai “adesso è tardi, devo andare” com'era spesso avvenuto negli ultimi anni». Bordate, voglia di sfogarsi. Poi la ragione lascia spazio ala rabbia. «Solo una cosa vorrei dire ai miei concittadini: non crediate ai miracoli, chi ha un pizzico di esperienze con l'amministrazione sa che oggi è difficile andare avanti con i pochi fondi a disposizione e i tanti tagli di Stato. La segretaria comunale, nei giorni scorsi mi ha detto: “Non fate promesse che non potete mantenere”. Promesse di lavorare per il bene comune, questo sì».
Andrea Piras
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