Quale futuro per San Sperate dentro il nuovo perimetro dell’area metropolitana?

Purtroppo ieri Amalia Schirru ha avuto un problema tecnico e non è riuscita a collegarsi. Condividiamo il suo intervento. Buona lettura.

La legge 142/90 dal titolo “Ruolo e funzioni provinciali” si poneva il problema di istituire le aree metropolitane come struttura organizzativa dei servizi ed infrastrutture di interesse delle città in relazione alle aree rurali e territori limitrofi che si integrano tra loro con gli spostamenti dei singoli per i diversi interessi di studio, lavoro e affari.

In quegli anni anche in Sardegna si apre un dibattito forte ed interessante sul binomio e relazione città - campagna che si allarga e coinvolge fin dall’inizio anche il nostro comune. Ricordo il dibattito nella sezione allora del PCI e successivamente dei DS e poi in consiglio comunale per aderire prima al comprensorio n. 24 e più tardi per rimanere dentro la provincia di Cagliari, ma anche per dire no all’ingresso nella nuova provincia del Medio Campidano.

Un dibattito che non riuscì ad essere recepito per intero dalle forze politiche presenti in consiglio regionale che avrebbero dovuto concluderlo predisponendo una legge comprendente ii riordino delle materie da decentrare ai comuni, alle provincie e tanto meno ad istituire l’area metropolitana. 

Nel 2012 con il referendum regionale si passa alla soppressione delle Provincie e si affida il governo del territorio a commissari per l’ordinaria amministrazione di funzioni e risorse sempre più ridotte senza quindi riuscire a completare progetti in essere come la viabilità via Cagliari - Villasor e a sistemare il ponte pericolante.

Le prescrizioni della legge Del Rio del 2014 con la riforma degli enti locali rimandano disposizioni urgenti per la realizzazione delle Aree metropolitane come enti territoriali di area vasta che coincidono con le provincie come sancito dalla legge, richiedendo tempi certi e metodi di elezioni per la formazione del governo, includendo nell’elenco anche la città metropolitana di Cagliari.  

La Regione ha successivamente messo mano al tema nel 2016 con la legge n.2 di riforma “Riordino del sistema delle Autonomie locali” a mio parere in ritardo e in modo frettoloso senza tener conto del dibattito più che trentennale avvenuto in Sardegna e delle esperienze passate delle Unioni dei Comuni e delle provincie.

Noi abbiamo evidenziato da subito i limiti di quella riforma che sono emersi soprattutto nella definizione dell’area metropolitana. L’area delimitata a 17 comuni viene individuata più come una UNIONE DEI COMUNI che avevano fatto tra loro esperienza di pianificazione territoriale con i PIA (Piani integrati d’area) per la programmazione di progetti di sviluppo di interesse regionale e locale.

È mancata la riapertura del dialogo con i comuni e di questi con i cittadini che ci avrebbe da subito fatto capire che il futuro del nostro paese può stare solo nella coesione con la Città e le politiche urbane per le infrastrutture di viabilità, scuole, università, ospedali, biblioteche, svago. Occorreva pensare alla citta che si mette in relazione con le aree rurali e montane, le coste e viceversa.

Anche il nostro sindaco e la sua giunta senza una visione di sviluppo del territorio comunale si sono avvolti nell’incertezza e la paura data dall’antico pregiudizio della città, vista negativamente come il pesce grande capace di mangiare quello piccolo.

La nostra amministrazione nel 2015 non ha saputo fare una scelta decisa e giusta. Non è stata capace di tener conto dei desideri, delle abitudini, delle relazioni che le persone cioè i cittadini di San Sperate hanno da sempre stabilito e nel tempo incrementato con gli spostamenti verso la città per studio, lavoro, svago, salute, cultura, fare impresa e commercio ricevendo idee per creare e generare sviluppo nel nostro comune con l’orgoglio di mantenere la sua identità, la sua laboriosità e creatività culturale e sociale.  

Ha dimenticato il Patrimonio archeologico custodito nel Museo di Cagliari e quello architettonico: penso ad esempio alla casa costruita in mattoni crudi dei Serra progettata da Cima a San Sperate, l’architetto che ha progettato il municipio di Cagliari, che mette in evidenza il legame antico che il nostro paese ha saputo mettere in comune con gli altri comuni e lo stesso centro urbano.

San Sperate è quel comune pianeggiante che dista dal capoluogo 19 km, a 20 minuti dal porto e 10 minuti dall’aeroporto. Nato come area rurale, nell’arco di decenni, ha saputo costruire una comunicazione con la città capoluogo più di altri comuni. Lo dice la sua storia produttiva e commerciale dell’ortofrutta con il mercato all’ingrosso e quelli cittadini di Cagliari, quelli rionali nelle piazze della città.

Lo dicono le diverse iniziative culturali e teatrali, le sculture di Sciola del giardino museo, la manifestazione di Cuncambias seguite dai Cagliaritani. Anche la gestione dei servizi sociali, l’asilo nido, l’assistenza domiciliare alle persone fragili del nostro comune negli anni 80 sono diventati modello per la città, la stessa provincia di Cagliari e per il PLUS.

Anche oggi il nostro comune può mettere a disposizione degli abitanti dell’area vasta le strutture di accoglienza dell’ex casa di riposo del Cottolengo, il centro diurno, e la prossima apertura della comunità integrata di via Sa Nuxedda.

Sulla base di questi presupposti il territorio di San sperate doveva entrare da subito nell’area metropolitana e oggi più che mai deve ambire a stare nell’area vasta che coincide solo in parte col territorio della vecchia provincia di Cagliari. 

Territorio che non diventa sovrapponibile al modello territoriale della eventuale nuova Provincia del Sulcis-ex Medio Campidano se viene confermata la sua nuova istituzione. 

Il nostro paese ci deve stare per i suoi problemi quali i trasporti, la viabilità, gli ospedali, i servizi finanziari ed amministrativi, l’università, ma anche per le opportunità che il nostro paese può offrire alla città. San Sperate ci deve essere perché è già luogo ideale di turismo, di servizi sociali, di agricoltura di prossimità, di artigianato artistico dolciario, residenzialità per tanti sardi di rientro, italiani ed europei.

La sua comunità è capace, come ha fatto negli anni, di saper costruire giorno dopo giorno partendo dallo sviluppo locale, dalla propria identità sociale, professionale, artistica- culturale peculiarità ed eccellenze (SCIOLA, CABONI, il teatro, la scuola di musica, il museo, le tradizioni) le diverse esperienze di vita quotidiana a disposizione, con lo scambio reciproco, degli altri comuni dell’intera area vasta.

Solo il buon governo del territorio, piccolo o grande che sia, è capace di promuovere benessere per coloro che ci vivono e ci abitano, attivando sistemi di produzione, servizi sociali e culturali, salvaguardando l’ambiente, il paesaggio, aprendo il confronto di idee con gli altri comuni, lavorando insieme per la gestione dei servizi di cittadinanza per ridurre i costi che ricadono sulle famiglie. 

È questa la vera molla capace di costruire sviluppo e futuro.



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