Zona Franca a San Sperate? Una bugia. la nostra posizione.

Articolo US sulla zona franca del 1988
Nel Consiglio Comunale di lunedì 11 Marzo, il primo punto all’ordine del giorno (diventato poi secondo) era quello dell'ADESIONE ALL’ISTITUZIONE DELLA ZONA FRANCA.
Il Sindaco, dopo aver dato lettura del testo della delibera sulla Zona Franca (LO TROVATE QUI), ha voluto fare alcune precisazioni ai cittadini: ovvero che nessuna zona franca sarebbe sorta a San Sperate, nessuna coda ai distributori di benzina si sarebbe dovuta creare. Ha sottolineato la confusione generale sul tema e ha ribadito che il testo proposto al Consiglio era stato adattato frettolosamente da un format generale proposto dall’Anci Sardegna, su cui però egli stesso non aveva avuto modo di fare gli opportuni approfondimenti. Anzi, ha definito la materia talmente complicata che, forse preso dalla fretta, ha ritenuto comunque di proporre al Consiglio una delibera, pur senza verificare tutti i passaggi del testo stesso. Si è soffermato per esempio, sul passaggio sulla dichiarazione di Laeken, che a differenza del Presidente (non so quale, se dell’Anci o chi), lui non l’avrebbe inserito...

Rilevate queste perplessità da parte del primo cittadino e’ stata aperta comunque la discussione.

Nel mio intervento ho voluto ribadire un presupposto: bisogna chiarirci una volta per tutte, di quale zona franca stiamo parlando.

Nel testo che ci è stato proposto si parla indistintamente e forse facendo anche troppa confusione di

  • zona franca nel territorio comunale di San Sperate;
  • di Punti Franchi nell'isola;
  • di Zone franche e anche di Zona Franca;
  • ancora: di zone franche nei porti di Cagliari, Olbia oristano Porto Torres, Portovesme e Arbatax;

Nel dispositivo si sarebbe voluto deliberare con altrettanta confusione:

  • la zona franca nel porto di Cagliari;
  • un impegno per la zona franca fiscale nel Comune di San Sperate o complessivamente nell'ambito territoriale del Porto di Cagliari e Oristano;
  • un mandato al Sindaco e alla Giunta per perseguire l'obbiettivo dell'istituzione della Zona Franca Fiscale in tutta la Sardegna.


Difficile quindi affrontare un tema, se già nel testo non è per nulla chiaro quale sia il tema.


Infatti, esistono diverse forme di Zone Franche le cui definizioni e ambiti sono chiariti per esempio nella: Convenzione Internazionale di Kyoto del '73; nell’Ordinamento dell’Unione Europea, dunque le legislazioni degli Stati membri; nel Testo Unico delle Leggi Doganali italiane, ovvero le uniche Zone franche italiane, previste per la Valle d’Aosta e per la Provincia di Gorizia, le zone di Livigno, Campione d’Italia, lago di Lugano, Ponte Tresa e Porto Ceresio.
Tra l'altro, la Valle d’Aosta che, a differenza della Sardegna con i punti franchi, ha nel proprio Statuto la possibilità di arrivare alla zona franca regionale vi ha rinunciato: in cambio ha ottenuto una serie di vantaggi che ne hanno fatto una delle regioni più assistite d’Italia.

Una questione di non poco conto, anzi fondamentale, è il fatto che l’articolo 12 dello Statuto regionale sardo, citato nella delibera comunale al punto 4, disciplina esclusivamente la zona franca doganale: NON QUINDI LA ZONA FRANCA INTEGRALE.


Di tutti i trattati, DPR, regolamenti, leggi regionali, dichiarazioni, sentenze ecc messi in fila in un unico calderone, bisogna sottolineare che le zone franche per i porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme e Arbatax sono già state definite dal Governo Prodi nella finanziaria del 2008, ma che ad oggi non sono ancora operative e che come accennato al punto 11 della delibera, nulla è stato fatto in 4 anni di Governo dalla Giunta Cappellacci, affinché appunto la Regione, che ha esclusiva competenza, provedesse alla loro delimitazione, che poi deve essere trasmessa al Governo che infine adotta il relativo decreto.

Ho avuto modo di sottolineare, tra gli altri, l'intervento dell'economista Gianfranco Sabattini di domenica su La Nuova Sardegna che semplifica anche il  lavoro di ricostruzione e di cui consiglio lettura.

Ci sono poi delle considerazioni di tipo economico, su cui ho più dubbi che certezze e sulle quali ho chiesto al Sindaco e alla maggioranza di avere risposte.
Non invento io, ma i contributi di politici ed economisti sardi dalla europarlamentare Francesca Barracciu e Renato Soru, passando per Manichedda, che si susseguono in questi mesi, sono valido aiuto per la riflessione: hanno infatti evidenziato come manchino i presupposti economici, oltre quelli giuridici fondamentali, alla realizzazione di una zona franca sull'intero territorio regionale.
Lo Stato restituisce alla nostra Regione che gode di Statuto Speciale, il 90% dell’iva riscossa nel territorio sardo e il 75% delle accise. Soldi con cui la Regione paga la sanità, il trasporto pubblico, i servizi sociali, il fondo unico trasferito ai comuni.

Non si tratta quindi di essere contrari o favorevoli alla Zona Franca, una volta chiariti su cosa intendiamo per ZF, ma abbiamo il dovere di non prendere in giro i cittadini, approfondire le questioni e capire quali devono essere le strade da percorrere, nonché prima capire due cose: se si può fare - e la strada scelta dalla Giunta regionale NON è percorribile - e poi se conviene, se possiamo quindi rinunciare ai due miliardi e mezzo di entrate.

Purtroppo quella delibera comunale così come è stata formulata di fatto non avrebbe prodotto nessuna ricaduta pratica positiva, né ci avrebbe consentito di fare un passo avanti. Ha fatto bene il Sindaco quindi a tornare indietro sui propri passi e a proporre un tavolo di lavoro allargato alla minoranza.

Detto questo, penso che si debba lavorare a collaborare e unire e per questo ho chiesto al Consiglio di non proseguire neppure con il tentativo approssimativo di apporre dei correttivi ad una delibera comunale illeggibile, ma di stralciare il punto sulla Zona Franca dall’ordine del giorno, preannunciando altrimenti il mio voto contrario, e di presentare una mozione davvero politica, ma unitaria tra minoranza e maggioranza.
La base del ragionamento potrebbe essere il discorso che attiene la fiscalità di vantaggio, con le dovute differenze tra comuni e comuni, valorizzando davvero la nostra realtà sansperatina (un obrobrio dover leggere di una realtà industriale sansperatina che non esiste!) e adoperandoci seriamente e in maniera unita per gli artigiani, gli agricoltori e le piccole imprese. Sul modello di quanto è stato attuato per L’Aquila.

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